ICONE DELLA NATIVITA' DI CRISTO
INTRODUZIONE
Nell'esaminare una icone bizantina è necessario tener conto degli innumerevoli aspetti. che essa presenta, siano essi teologici, siano simbologici, siano propriamente artistici. Possiamo senz'altro dire che sia l'arte sia la spiccata simbologia tutto è al servizio della teologia, tutto sta a rappresentare il mistero divino.
La rappresentazione iconografica della nascita del Cristo sembra essere il prologo di quella grande epopea della storia della salvezza.
E come nel prologo dei poemi troviamo per sommi capi i punti più salienti di ciò che si canterà, così nell'icone della Nascita del Cristo troviamo il compendio dei misteri del cristianesimo: l'incarnazione, la morte e la resurrezione.
Il Theotokion della Grande ora nona di Natale mirabilmente riassume questo concetto: «Tu che sei nato per noi dalla Vergine e hai sofferto la crocifissione, o Buono, con la tua morte hai distrutto la morte e hai mostrato la resurrezione quale Dio».
Tutto il creato partecipa, dalle nature angeliche agli animali, tutti al loro posto per recitare il dramma dell'universo. Ogni elemento che si trova in questa icone ha quindi un preciso significato, niente è superfluo.
Inoltre questa icone, rappresentante una festa despotica, ha una stretta dipendenza dagli apocrifi, che senz'altro giuocano un ruolo di primo piano sopratutto nella parte simbologica. In questo luogo però, intendiamo primariamente ricercare la Scrittura apocrifa e canonica che questa icona ci presenta; naturalmente saranno toccati anche tanti altri aspetti che non intendiamo tuttavia trattare direttamente,
Pertanto molti punti, campo espresso della teologia e della esegesi, saranno accennati o sviluppati solo di quanto ci sembrerà opportuno e necessario per una buona comprensione dell'icona.
Cosicché assolutamente non entreremo in merito al ruolo delle Haggadot giudee dell'infanzia nei sinottici o negli apocrifi, nè approfondiremo la teologia della nube o il senso dello stupore della manifestazione di Dio, o discuteremo sulla originalità o meno della pittura bizantina.
Questo affinché la trattazione non sia appesantita e si lasci così in primo piano il ruolo scritturistico e simbologico di questa icone.
Abbiamo tuttavia voluto precisare, che pur non volendo trattare direttamente delle questioni suddette, ne abbiamo presa visione, ne abbiamo tenuto man mano conto. Spesso si potrà avere l'impressione di una certa superfluità delle citazioni, nelle nostre intenzioni è sembrato opportuno per marcare il punto su di cui si discute e nello stesso tempo dare un maggiore respiro all'insieme del lavoro. Inoltre abbiamo ritenuto necessario porre delle premesse riguardo al pittore e agli apocrifi per una maggiore comprensione.
Sarebbe stato necessario trattare unitamente l'icone e l'innologia Natalizia, ma per adesso non ci è stato possibile.
Le varie traduzioni dei Vangeli apocrifi, dei vari inni e dei Padri, che man mano andremo citando, sono state tradotte da noi, cercando di restare il più possibile aderenti al testo.
Vogliamo infine rivolgere un vivo ringraziamento a tutti coloro che ci hanno prestato la loro collaborazione con preziosi consigli e note.
IL PITTORE
È bene precisare che la rappresentazione iconografica di una qualsivoglia festa ha uno schema ben preciso che non è lecito cambiare. Questo schema iconografico generale, diciamo, per maggiore comodità e comprensione, comprende elementi principali ed elementi secondari. Chiamiamo elementi principali una particolare configurazione paesaggistica o un determinato personaggio, che ha un ruolo ed un valore simbolico teologico importante. Per esempio nel caso specifico dell'icone di Natale chiameremo elementi principali: la montagna e la grotta, quali configurazioni paesaggistiche di rilievo; il Bambino, la Vergine, i Magi, Giuseppe, la donna che lava il Bambino, l'asino ed il bue. Mentre diremo elementi secondari gli angeli, il pastore che sta di fronte a Giuseppe, gli altri pastori, le pecore, la presenza di Isaia.
Il criterio che abbiamo seguito in questa suddivisione è stato determinato dall'esame delle rappresentazioni iconografiche di questa festa nelle diverse epoche. Questo minuzioso esame ci ha fatto chiamare principali quegli elementi che non mancano mai, mentre ha determinato la qualifica di «secondari» per quegli elementi spesso assenti, almeno in determinate epoche. Si può così comprendere come sia possibile esaminare unaicone della festa, antica o recente, senza minimamente avere delle difficoltà per ritrovare gli elementi principali.
Possiamo cercare pertanto, di comprendere meglio quale fosse il ruolo del pittore nell'ambito della comunità ecclesiale riguardo alle rappresentazioni iconografiche (intendendo riferirci sempre ai pittori bizantini).
«La pittura bizantina, per rispondere alla necessità di esprimere, con l'aiuto di simboli figurati, il trionfo della Chiesa, per illustrare con fini didattici la storia dell'antico e del nuovo Testamento e infine per evocare, con rappresentazioni simboliche, i concetti dogmatici, doveva conformarsi ad un programma rigorosamente fissato in tutte le sue parti, controllato dalla Chiesa e dallo stesso imperatore, e nel quale per paura di incorrere in deviazioni eretiche, le novità non erano permesse senza preventiva approvazione. L'artista, considerato come appartenente ad un ceto sociale inferiore, si trovava relegato in un secondo piano dinanzi a chi lo incaricava di creare un'opera. Questo concetto venne espresso ufficialmente dalla regola del settimo Concilio Ecumenico secondo la quale «l'arte appartiene al pittore, ma la maniera in cui ha da essere disposta è di pertinenza dei venerabili Padri». Per l'artista dunque non si trattava di manifestare le proprie capacità originalmente creative, ma di conformarsi alle regole ed ai prototipi che bisognava seguire, esprimendo in tal modo una coscienza superindividuale. Tuttavia la permanenza di certi principi e restrizioni non debbono farci pensare ad una specie di uniformità e di ristagno. Uno dei tanti fattori di vitalità della pittura bizantina ci viene fornito dalla personalità stessa degli artisti, i quali, pur lavorando nelle condizioni sopra descritte, riescono ad esprimersi in maniera relativamente personale. Nel campo puramente artistico vien loro accordata ufficialmente ogni libertà; infatti tranne ciò che riguarda i programmi di ordinamento ed i tipi iconografici, l'arte non subisce costrizioni dal punto di vista formale se non per certi limiti che si riferiscono alla somiglianza ed alla non-somiglianza con il mondo sensibile.
Rimane così agli artisti uno spazio abbastanza ampio che permette loro di manifestare liberamente la propria abilità tecnica secondo le tradizioni preferite. Ecco perchè riusciamo a distinguere, in alcuni grandi momenti, la mano di molti artisti appunto in base all'esame della combinazione dei colori, della composizione e dell'adattamento di questa allaarchitettura e infine per le maniere e i procedimenti tecnici più o meno peculiari di ogni artista» (1).
Quindi molto spesso nell'icone della Natività troviamo sì disposizioni diverse dei personaggi principali o diversità cromatiche, ma sempre una fedeltà assoluta allo schema generale della festa.
GLI APOGRIFI NELLE CHIESE.
Dopo aver toccato il problema della rappresentazione iconografica, delle sue restrizioni e delle sue originalità, la stretta dipendenza, nel suo esprimersi, dall'autorità ecclesiastica, indirettamente abbiamo toccato la sua importanza nell'ambito della comunità ecclesiale.
Per questo motivo esaminare il problema degli Apocrifi nelle Chiese, è un pò come mettere le mani in un cespuglio al buio. Possiamo dire, per dare una idea, che gli Apocrifi erano i libri di pietà dell'epoca; libri che spesso erano letti e commentati anche in Chiesa. Dalla lettura di Origene e Clemente Alessandrino si riscontra quale rispettabilità godessero alcuni di essi.
Poichè erano un pò come l'espressione popolare della predicazione evangelica degli Apostoli, manifestavano una pietà semplice e molto spesso piena di inverosimiglianze. Se vogliamo erano anche l'evidenziamento di alcuni punti della nostra fede presentata sotto una veste semplice, spesso aneddotica, che velava un profondo senso didattico: erano come un continuare a parlare in parabole.
L'iconografia, «rispondendo alle esigenze spirituali e didattiche della Chiesa», attingeva a questi vangeli nella misura in cui il dogma non venisse toccato, bensì arricchito e corredato di espressioni simboliche e venissero sottolineati certi atteggiamenti così da porre in maggior rilievo ciò che si voleva insegnare.
L'ICONE DELLA NATIVITÀ DI CRISTO
§ La montagna, gli angeli ed i pastori.
Al centro dell'icone, comprendente la maggior parte di essa si erge come un cono una montagna. «Egli alzerà la sua mano contro il monte della figlia di Sion (Is. 10,32). Non si farà più male, non si farà più guasto su tutto il monte mio santo, perchè il paese sarà pieno della conoscenza del Signore (Is. 11,9). E in tutti i monti coltivati col sarchiello non si passerà più per paura delle spine e dei roveti, ma saranno pascolo del bue ed una terra calpestata dalle pecore (Is. 7,25». Questa montagna è la montagna messianica che sorgerà contro quella di Sion.
Accanto alla sommità di questa montagna nella parte destra vi sono spesso degli angeli in adorazione, atteggiamento espresso dalla loro inclinatura e dalle mani coperte dal panneggio, essi sono volti verso il cielo: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace agli uomini di buona volontà» (Lc. 2,14). Questo gruppo vien colto in questa lode, per questo essi alcune volte vengono rivolti verso la terra per esortare gli uomini e per rendere omaggio al Dio incarnato. Vicino alla cima della montagna, dalla parte sinistra, troviamo in genere un angelo inclinato verso uno o più pastori che si trovano poco più giù: «vi erano in quella medesima regione dei pastori che pernottavano in mezzo ai campi per fare la guardia al proprio gregge. Ora, un angelo del Signore apparve loro e la gloria del Signore: li avvolse di luce sicchè furono presi da grande timore. «ll popolo che camminava nelle tenebre, vide un gran chiarore; sopra gli abitanti della terra d'ombre di morte spuntò la luce» (Is. 9,1).
Ma l'angelo disse loro: «Non temete: ecco io vi porto una lieta novella, che sarà di grande gioia per tutto il popolo, oggi vi è nato nella città di Davide il Salvatore che è Cristo Signore. Questo vi servirà da segno: troverete un Bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia» (Lc. 2,8-13).
Alcune volte vicino a questo angelo, volto ai pastori, ve ne sono altri, volti verso il cielo o la grotta in atto di adorazione: «poi subito si unì all'angelo una moltitudine della milizia celeste, che lodava Dio» (Lc. 2,13).
§ La grotta, la Vergine ed il Bambino.
Al centro della montagna s'apre una grotta. Luca non parla di grotta: «ora, mentre si trovavano là, si compirono i giorni in cui ella doveva avere il bambino, e diede alla luce il suo figlio primogenito; lo avvolse in fasce e lo adagiò in una mangiatoia perchè all’albergo per loro non c'era posto» (Lc. 2,6-7).
Parlano invece di grotta il Protovangelo di Giacomo, e lo Pseudo Matteo. «Come essi arrivarono a metà cammino, Maria dice: "Giuseppe fammi scendere dall'asino perchè quello che è in me si affretta a venire alla luce! E la fece scendere e le disse: "dove posso portarti e riparare il tuo pudore, pòichè il luogo è deserto? Καὶ εῦρεν ἐκεῖ σπήλαιον καὶ εἰσήγαγεν αὐτήν (Protoevangelo di Giacomo 17,3 18,1) (2)
Fuori della grotta rivestita della porpora regale e rappresentata distesa la Theotòkos.
«Il profeta Davide, che per te è divenuto antenato di Dio, ha di Te predetto in un canto a Colui che ha operato meraviglie in Te: La Regina sta ritta alla tua destra » (Theot. anastasimo Tono IV). Essa è la madre del Re, Colei che potrà godete della divina parrisìa, della μητρικὴ παῤῥησία (3).
«E non v'era posto nell'albergo, ma alla Regina veniva additata una grotta come piacevole dimora» (Troparion della Grande Ora I di Natale) (4).
La Vergine nell'icona non volge il suo sguardo al Bambino, ma mesta guarda verso Giuseppe e lo avvolge col suo sguardo di compassione, e sembra dirgli: «perchè vedendomi incinta, sei di aspetto cupo e sei sconvolto ignorando completamente il tremendo mistero che avviene in me? Pertanto deponi ogni timore, considerando la straordinarietà dello evento; Iddio infatti scende sulla terra per la sua misericordia e adesso è nel mio seno ed ha preso carne; nato che sarà lo vedrai secondo quanto ha giudicato buono; e pieno di gioia lo adorerai come tuo creatore; e a Lui che incessantemente gli angeli inneggiano e danno gloria insieme al Padre e allo Spirito Santo» (Grande Ora di Natale, secondo Idiomelo tono II).
Gregorio Nisseno nella «Vita di Mosè » dice: « nella luce emanante dal roveto, (si parla del roveto ardente del Sinai), noi scorgiamo il mistero della Vergine dal cui parto sorge sul mondo la luce di Dio. Questa lasciò intatto il roveto da cui proveniva cosicchè il parto non inaridì il fiore della sua verginità» (5).
Restando sempre in tema di paralleli che sottolineano la verginità di Maria, Giovanni Damasceno canta: «Nel Mar Rosso venne un tempo descritta l'immagine della Vergine ignara di nozze. Là Mosè, il divisore delle acque, qui invece Gabriele, il ministro del prodigio. Allora, Israele attraversò il mare senza bagnarsi; ora, la Vergine ha generato Cristo senza contaminarsi. Dopo il passaggio di Israele il mare rimase inattraversabile; l'Immacolata, dopo la nascita dell'Emmanuele, rimase incorruttibile». (Theot. Tono Plagale I).
La Vergine nell'icona porta tre stelle, una sulla fronte e una su ciascuna spalla: «Vergine prima del parto, e Vergine nel parto e ancora Vergine dopo il parto» (6) perché «Dio era infatti Colui che da Te nacque, perciò anche la natura mutò il suo corso». (S. Giovanni Damasceno Theotok. (Tono I).
Tra la Vergine e l'ingresso della grotta vi è avvolto in fasce il Bambino posto più che in una mangiatoia in un sepolcro. «Il Bambino è fasciato a guisa di un morto. Le fasce non solo sono segno di riconoscimento (Lc. 2,13) ma sono quelle stesse fasce che le Mirofore e Pietro e Giovanni troveranno vicino al sepolcro.
«Assunse la nostra carne per darci sovrabbondanti le sue grazie(e il suo) corpo fu, come esca gettato in braccio alla morte, affinchè, mentre il drago infernale sperava di divorarselo dovesse invece vomitare anche coloro che aveva già divorato. «Egli precipiterà la morte per sempre e asciugherà da tutti gli occhi le lacrime» (Is. 25,8). (Cirillo di Gerusalemme, Catechesi XII a).
Questa immagine è meravigliosa: la grotta è l'inferno (7), il peccato s'apre come le fauci di un mostro e tenderà di ingoiare il Bambino, ma non vi riuscirà, Egli gli farà vomitare tutto. Da questo si può capire come
il nero della grotta non è il buio naturale di un interno, ma sono le profonde tenebre del peccato.
I cieli si inchinano fin nel profondo dell'abisso: «Fiaccola portatrice di luce, la carne di Dio sotto terra dissipa le tenebre dell'Inferno». Ciò che qui la natività profetizza: l'Epifania, la Croce e la Discesa agli inferi lo realizzano, e allora: «La Luce risplende fra le tenebre, ma le tenebre non l'hanno ricevuta». (Giov. 1,5) (8).
«La destra dell'Altisismo non è la stessa» (Salmo 76,11).
«Il profeta pur continuando a considerare immutabile la natura divina dice che essa si è esternamente mutata per accondiscendere alla nostra debolezza ed ha assunto la somiglianza della nostra natura. Secondo il racconto biblico, la mano del legislatore Mosè, non appena fu estratta dal seno assunse colore non naturale, quando la ebbe rimessa là donde l'aveva tolta riacquistò la primitiva bellezza. Anche l'Unigenito che è nel seno del Padre (Giov. 1,18) è la destra dell'Altissimo. Uscendo dal seno di Dio per apparire in mezzo a noi, Egli assunse la nostra somiglianza. Ma dopo averci purificato dalle nostre debolezze, Egli portò in cielo, nel seno del Padre, quella mano che la natura gli aveva dato simile alla nostra e allora non fu la sua natura divina immune da alterazioni, che mutò, ma fu la nostra natura umana, mutevole e passibile, che divenne inalterabile al contatto con l'Essere Immutabile» (9).
Nell'interno della grotta vediamo impersonato dal bue e dall'asino il terribile detto di Isaia: «il bue conosce il suo proprietario e l'asino la greppia del suo padrone; Israele invece non comprende, il mio popolo non ha senno». (Is. 1,5)10.
§ I Magi.
Sulle pendici della montagna a sinistra ci sono i Magi: Mt. 2,12; Lc. 2,8-20; ProtoEv. di Giacomo 21,14.
Essi figurano gli uomini fuori dell'antica Alleanza, che il nuovo regno messianico comprenderà (10). «Lo spirito del Signore è su di me, per questo egli mi ha unto, per annunziare la buona novella ai poveri; mi ha inviato a guarire quelli che hanno il cuore contrito; ad annunziare ai prigionieri la libertà, a restituire ai ciechi la vista, a rendere liberi gli oppressi, a proclamare l'anno di grazia del Signore» (Is. 61, 1-2).
«Oggi si è compiuta questa scrittura, che voi avete udito poco fa con i vostri orecchi. In verità vi dico: nessun profeta è ben accetto nella sua patria. In verità vi dico: vi erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo restò chiuso per tre anni e sei mesi, sì che vi fu una grande carestia in tutta la Palestina, eppure Elia non fu inviato a nessuno di loro, salvo ad una povera vedova di Sarepta, nel territorio di Sidone; vi erano pure molti lebbrosi in Israele al tempo di Eliseo profeta, ma nessuno di loro fu mandato, eccetto Naam il Siro». «All'udire queste parole tutti i presenti nella sinagoga si sentirono pieni di sdegno». (Lc. 4, 18-28 passim). Anche i discepoli durarono fatica a comprendere che la primogenitura era stata estesa a tutte le nazioni: «con la discesa dello Spirito Santo riceverete dentro di voi tale potenza da essermi testimoni in Gerusalemme, in tutta la Giudea, nella Samaria e fino alle estremità della terra» (At. 1,8).
«Gli apostoli ed i fratelli che si trovavano nella Giudea, vennero a sapere che anche i gentili avevano ricevuto la parola di Dio. Quando Pietro fu di ritorno a Gerusalemme i fedeli circoncisi gli fecero dei rimproveri, ma Pietro si mise ad esporre loro con ordine come erano andate le cose» (Atti 11,1-4 passim).
Il Cristo si era incarnato nel silenzio ed i guidati a Lui sono degli Stranieri! «Egli scenderà come pioggia sul vello di lana» (Sal. 71,5). «Come pioggia: alludendo alla sua origine divina; sul vello, alludendo alla sua natura umana. La pioggia che scende sul vello è accolta in silenzio. Così fu accolto Lui; tanto che i Magi, ignorando il luogo della sua nascita, dovettero domandare: "dov'è Colui che è nato, re dei Giudei? " (Mat. 2,2). Ed Erode, turbato, facendo indagini sulla nascita del Salvatore domandava: "dov'è nato il Cristo?,"» (Cirillo di Ger. Cat. XII).
I Magi inoltre sono prefigura delle Mirofore (Mc. 16,14). Infatti come le Mirofore sembrano recarsi con aromi verso il sepolcro in cui sta fasciato il Cristo e come le Mirofore εὐαγγελίστριαι essi sono κήρικες θεοφόροι «Divennero i Magi divini araldi: tornati in Babilonia adempirono, o Signore, il tuo responso; e a tutti predicarono Te o Cristo, lasciando Erode: che non seppe, cantare: Alleluia!»12.
§La nube.
Il tondo, posto al centro in alto dell'icone, ha anch'esso un significato: «(Giuseppe e la levatrice) si fermarono nel luogo della grotta.
Καὶ ἦν νεφέλη σκοτεινή ἐπισκιάζουσα τὸ σπήλαιον (13). E la levatrice disse: «è stata glorificata oggi la mia anima perchè i miei occhi hanno visto dei prodigi; poichè la salvezza per Israele è nata».
Καὶπαραχρῆμα ἡ νεφέλη ὑπεστέλλετο τοῦ σπηλαίου, καὶἐφάνει φῶς μέγα ἐν τῷ σπιλαίῳὣστε τοὺς ὀ φθαλμοὺς μὴ φέρειν (14).
Poi quella luce decrebbe lentamente finchè apparve il Bambino, e si alzò e prese la mammella dal seno della sua Madre Maria» (Protoev. di Giacomo 19,2) (15).
Molto più espressivo a questo riguardo è il Libro Armeno dell’Infanzia: «Avendo così parlato Eva la nostra madre vede la nube levarsi verso il cielo che si staccava dalla grotta. E dall’altra parte, apparve una luce scintillante, che s'era posata davanti alla mangiatoia del bestiame»(9,2) (16).
II tondo quindi non sarebbe altro che la nube che si ritira verso il cielo, nube che sia nell'A, come nel N. Test. è presenza stessa di Dio, «che pose nelle tenebre il suo nascondiglio» (Sal. 17,12).
Infatti come nube guidò Israele, verso la terra promessa, come nube si rivelò sul Sinai, come nube prese possesso del suo santuario, «abbassò i cieli e discese, ed una nebbia caliginosa era sotto i suoi piedi» (Sal.17,10), come nube si trasfigurò ed infine «una nube lo tolse ai loro sguardi » (Atti 1,9). «Là dove è Dio, questo luogo è chiamato dalla scrittura nube caliginosa che simboleggia le realtà sconosciute ed invisibili » (17).
Ecco poi una specie di luce che si posa sulla mangiatoia. Questa luce spesso giunta sulla grotta si divide in tre scie di luce, nel punto del frazionamento v'è spesso un tondino o una stella, essa è. la stella che guidò i Magi, mentre la luce è l'unità e trinità di Dio che si posa sul Cristo.
§ Lo stupore del creato.
Intorno alla grotta vi sono spesso delle pecorelle che brucano, in alcune iconi figura ad un lato della montagna una specie di ruscello a cui bevono o delle pecore o dei capretti. Essi sono statici (18).
Il Protoevangelo di Giacomo ce ne parla: «e (Giuseppe) trovò là una grotta e ve la (Maria) fece entrare e lasciò con Lei i suoi figli ed uscì per cercare una levatrice ebrea nel paese di Bethlem. E cercando trovò una donna che scendeva dal monte. E disse Giuseppe alla levatrice che Maria è sua fidanzata, ma ha concepito per opera dello Spirito Santo, colei che era nutrita nel tempio del Signore. (Textusceteritestium: io Giuseppe cercavo di camminare e non mi muovevo. Guardai in alto verso il cielo e vidi che era immobile e verso l'aria e vidi che era piena di stupore e gli uccelli del cielo fermi (nel loro volo). E guardai verso la terra e vidi che c'era una tinozza e degli operai piegati in avanti e c'erano nella tinozza le loro mani. E quelli che masticavano non masticavano più,e quelli che prendevano (il cibo) non alzavano (ciò che prendevano) e quelli che portavano (il cibo) alla loro bocca non lo portavano più, ma il volto di tutti era rivolto verso l'alto. E vidi che sopraggiungevano delle pecore, e le pecore restarono immobili, e il pastore levò la mano per percuoterle, e la mano restò in alto E guardai verso la riva del fiume e vidi dei capretti e la loro bocca piegata sull'acqua e non bevevano. E tutto in un momento riprese il suo corso normale» (Protoev. di Giacomo 18,1-3). Canta l'innografo: «Prima della tua nascita o Signore, guardando con timore questo mistero, le potenze intelligenti s erano sbigottite» (Idiomelo Tono VIII della III Grande ora del Natale)
Ed il Profeta: «Signore, ho conosciuto la tua fama e mi sono spaventato. Signore, ho considerato le tue opere e son restato muto» (Abachuc 3,2)
Ora tutto il creato resta sbigottito davanti a tanta meraviglia Nessuno riesce a continuare la sua azione, tale e lo stupore e la paura dello universo che Lo riconosce e rimane estasiato davanti alla sua grande Misericordia (19).
§ Il profeta Isaia.
Continuando all'estremo inferiore destro, alcune volte si trova un personaggio rivestito di pelli. «Ah!, se tu aprissi i cieli e discendessi sulla terra » (Is 63,19) così aveva gridato Isaia, ed eccolo ora assistere alla discesa di Dio (20).
«Per annunziare la salvezza di Dio parli sottovoce? Parli di nascosto per annunziare la presenza di Dio per la nostra salvezza? Ascendi sopra un alto monte, tu che evangelizzi Sion, alza vigorosa la tua voce, tu che evangelizzi Gerusalemme Dì alle città di Giuda, dì alle città di Giuda Ecco il vostro Dio? Ecco il Signore verrà con fortezza il suo braccio ha sottomesso tutto Ecco che viene con la sua mercede e la sua retribuzione lo precede Come un pastore, egli farà pascere il suo gregge, e col suo braccio lo radunerà. Gli agnelli li porta sulle sue braccia, e cura le pecorelle che allattano» (Is. 40,9-11). Senz'altro all'origine questo personaggio non doveva mancare mai, data la sua grande autorità sia presso gli Ebrei sia presso i Cristiani. In lui figurano il Precursore (Is. 40,3-5) tutti i profeti e l'antica Alleanza; egli è figura del Cristo posto come un ponte tra le due alleanze, difatti nelle iconi che lo riportano vien presentato con la destra che mostra il Messia, che è in braccio alla levatrice, e un tronco da cui verdeggia un rampollo: «un virgulto sorge dal tronco di Jesse, un pollone vien su dalle sue radici: sopra di lui si posa lo spirito di Jahvè» (Is. 1-2). La sua sinistra invece è appoggiata su una tavoletta fatta per ordine di Dio: «il Signore mi disse di nuovo: prendi una grande tavoletta e scrivi sopra acaratteri ben leggibili: "Maher Shalal-Hash-Baz", che significa: "pronto-Bottino-Prossimo-Saccheggio".
E presi con me dei testimoni degni di fede, Uria il sacerdote e Zaccaria, figlio di Barachia. Poi mi avvicinai alla profetessa, ed essa concepì e dette alla luce un figlio ed il Signore mi disse «Dagli il nome di Maher-Shala-lHash-Baz, poichè prima cheil fanciullo possa dire: padre e madre, la ricchezza di Damasco ed il bottino di Samaria saranno portati davanti ai re di Assiria» (Is. 8,14).
Cristo è il figlio della profetessa che segna la fine dei tempi in cui regnò il principe di questo mondo e l'inizio della redenzione, il tempo messianico.
§ Il bagno del Bambino e la levatrice.
Sempre nella parte inferiore dell'icone sulla destra, un po' più allo interno vi è un gruppo molto interessante. Vi è una, donna assisa che ha fra le braccia il Bambino nudo. Essa spesso ha una mano nella tinozza, postale accanto, per saggiare l'acqua che un'altra donna stempera con dell'altra che è in una brocca. Tradizionalmente si dice che questa donna sia la levatrice Salome.
Esaminiamo i testi apocrifi: «e vidi (parla Giuseppe uscito dalla grotta per andare a cercare una levatrice) una donna che scendeva dalla montagna e mi disse: "uomo, dove vai? " e risposi: "cerco una levatrice ebrea "; allora mi disse "sei d'Israele?" ed io le risposi: "sì". E', quella 'ancora domandò: "chi è la donna che ha partorito' nella grotta? "; risposi: "la mia fidanzata ". Allora mi chiese: "non, è tua moglie? "; le risposi: "è Maria, quella che è stata allevata nel tempio del Signore. E l'ho ricevuta come sposa, ma non è mia moglie, ha concepito di Spirito Santo". La levatrice disse: "è vero, questo?". Le rispose Giuseppe: "vieni e vedi". Ed andò con lui». (Protoev. di Giacomo 19;I).
A questo punto vi è il fenomeno della nube. Abbiamo, a questo proposito, già riportato alcuni passi. Quindi segue il Protoevangelo: «E la levatrice uscì dalla grotta, e là incontrò Salome, e le disse: «Salome, Salome, ho da raccontarti un nuovo portento: una Vergine ha generato, cosa che non ha scalfito la sua natura». E Salome rispose: «viva il Signore mio Dio: se non metterò il mio dito ed esaminerò la natura di lei, non crederò che la vergine ha generato; (Cont. P. Bodm. V) Ed entrarono e le fecero prendere posizione, e Salome esaminò la natura di lei. E Salome levò un grido perchè aveva tentato il Dio vivente: ed ecco la mia mano come disseccata dal fuoco. E pregò il Signore, καὶ ἰάθη ἡ μαῖα ἐν τῇ ὣρᾳ ἐκείνῃ (21). Ed ecco l'angelo del Signore Iddio; Avvicinati e prendi il Bambino ed Egli sarà la tua salvezza». E fece questo ed ecco che come Salome si prostrò fu guarita ed uscì dalla grotta.
Ecco l'angelo del Signore dire con una voce (TextusceteriTestium: e la levatrice entrò e disse: «Maria, disponiti. Infatti non piccola questione si agita a tuo riguardo». Maria sentito questo si dispose. E Salome mise il suo dito nella natura di lei. E Salome levò un grido e disse: « Ohime' per la mia empietà ed incredulità ho tentato il, Dio vivente Ed ecco la mia mano come disseccata dal fuoco E Salome si inginocchio presso il Signore dicendo: « O Dio dei miei Padri, ricordati di me che sono della stirpe di Abramo ed Isacco e Giacobbe. Non espormi al dileggio davanti ai figli di Israele, ma rendimi ai poveri. Infatti sai, o Signore,che nel Tuo Nome eseguo le cure e ricevo da voi il mio salario» Ed ecco l'angelo del Signore dirle «Salome, Salome, ha ascoltato la tuapreghiera il Signore di tutti. Accosta la tua mano al Bambino e poi prendilo in braccio e sarà per te la salvezza e la gioia». Fiduciosa Salome si accostò al Bambino e lo prese in braccio dicendo: "lo adorerò, perchè questo è il re nato ad Israele". E subito Salome fu guarita ed uscì dalla grotta giustificata. Ed ecco una voce disse: «Salome, Salome, non raccontare questi prodigi che hai visto finchè il fanciullo non sia entrato in Gerusalemme». (Protoev. di Giacomo 19,1 20,1-4).
Quindi propriamente non è stata Salome la levatrice di Gèsù, bensì la prima donna. Sappiamo tuttavia che anch'essa era levatrice da quel ἰάθη ἡμαῖα (22) e dalla preghiera che rivolge al Signore. Ma chi era la prima donna, la levatrice?
Il Libro Armeno dell'infanzia ce lo fa sapere: «Appena Eva la nostra prima madre e Giuseppe arrivarono in fretta e videro che la benedettissima e santissima Vergine Maria era divenuta madre (23), quando Giuseppe e la nostra prima madre videro ciò si prostrarono con la faccia contro la terra, e ringraziando Dio ad alta voce, lo glorificavano dicendo: Sii benedetto, Signore Dio dei Padri nostri, Dio d'Israele, che oggi con la tua venuta, hai operato la redenzione dell'uomo, che mi hai riabilitata e rialzata dalla mia caduta e che mi hai reintegrata nella mia antica dignità. Adesso la mia anima si sente fiera e la mia speranza in Dio mio salvatore ha sussultato»....) «E la nostra prima madre entrò nella caverna, prese il Bambino fra le sue braccia e si mise ad accarezzarlo e ad abbracciarlo con tenerezza e benediceva Dio, perchè il Bambino era molto bello a vedersi, brillante e risplendente e i tratti sereni. Ed avendolo avvolto con un pannolino lo depose nella greppia dei buoi. E la nostra prima madre uscì dalla caverna. Tutt'ad un tratto vide una donna chiamata Salome che veniva dalla città di Gerusalemme. La nostra prima madre Eva le andò incontro e le disse: «ti annunzio una felice e buona novella: una giovane vergine che non conobbe assolutamente alcun uomo, ha messo al mondo un bambino in questa caverna» (24).
E segue come nel Protoevangelo di Giacomo
L’accostamento di Eva a Maria e suggestivo «La morte fu introdotta per opera di una vergine (25), Eva. Era conveniente che la vita avesse origine per opera di una vergine, o meglio da una vergine quindi come il serpente ingannò Eva, così alla Vergine Gabriele arrecò la bella novella» (Cirillo di Gerus. Cat XII) «Eva col peccato della sua disubbidienza introdusse nel mondo la maledizione, ma tu, o Vergine, Madre di Dio, col Frutto del tuo seno, hai fatto germogliare sulla terra la benedizione» (Irmo Εὔα μὲν τῷ τῆς παρακοῆς)
Il gesto del bagno del Bambino, rappresentato nell'icona, sta a sottolineare, col gesto prettamente umano, la vera e non apparente umanità del Cristo. Inoltre è prefigura del Battesimo del Giordano
Come abbiamo detto precedentemente l'Icona della Natività profetizza ciò che la Epifania, la Croce e la Discesa agli Inferi svilupperanno. Allora ecco che il nucleo fondamentale dei Vangeli lo ritroviamo in ogni icona rappresentante una festa despotica, e perciò avremo la continua insistenza sulla morte e resurrezione del Cristo, che sono i Pilastri della fede. Quindi nel bagno del Bambino si può vedere quel che sarà il seppellimento nel «sepolcro liquido» dell'icona dell'Epifania, che è già a sua volta la prediscesa agli inferi. La catechesi primitiva richiama sempre l'attenzione su questo aspetto del Battesimo, che col tempo è stato dimenticato: il Battesimo per immersione riproduce tutto l'itinerario della salvezza, e il battezzato lo percorre seguendo il Signore. Il sacramento del Battesimo è così una vera e reale discesa col Cristo nella morte, ed e anche la discesa agli inferi. Il Crisostomo lo dice chiaramente: «l'atto di discendere nell'acqua e di risalire simboleggia la discesa agli inferi e l'uscita da questa dimora» (Omelia 40 in 1 Cor. 15,29) «Ignorate voi forse che tutti noi, battezzati in Gesù Cristo, siamo stati battezzati nella sua morte? Dunque siamo stati sepolti con lui nella sua morte mediante il battesimo, affinchè come Cristo è risuscitato dai morti, per la gloria del Padre così noi pure dobbiamo camminare in una vita nuova» (Rom. 6, 1-4).
Perchè poi la tradizione riporta il nome di Salome quale levatrice del Signore? Il protoevangelo di Giacomo non svela il nome della levatrice. Tutto, lascia pensare che la levatrice sia una donna misteriosa, simbolica, come ci mostra il Libro armeno dell'infanzia: essa e Evacolei che trascinò il genere umano nel peccato, quindi per prima spettatrice della promessa a lei fatta da Dio: «Allora il Signore Iddio disse al serpente: . . . Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra il seme tuo e il seme di Lei» (Gn. 3, 15).
Era spuntato l'albero della vita dalla nuova madre dei viventi: Maria. Ed Eva per prima benedice, glorifica e ringrazia Dio. L'unica donna non simbolica, anche lei levatrice è Salome, spettatrice e verificatrice del mistero, la prima miracolata. Ecco allora che la tradizione le ha consacrato l'amoroso gesto del bagno di nostro Signore.
A questo punto vorremmo avanzare un'ipotesi che può sembrare abbastanza strana, ma che se vista però, sotto la luce della spiccata simbologia orientale, potrebbe anche essere accettata.
Vi è nell'icona, sempre la presenza di due donne e ciò può far pensare benissimo che colei che ha tra le braccia il Bambino sia «la nostra prima madre Eva» che si occupa del bagno di Colui che le ha restituito la vita, e che l'altra donna recante l'acqua con la brocca, sia Salome.
§ Giuseppe.
Appartato, nella parte inferiore sinistra, troviamo Giuseppe e di fronte a lui un uomo in veste da pastore, appoggiato ad un nudo bastone. In Giuseppe si vede tutto il dramma umano, tutto l'atteggiarsi di propositi contrastanti. «E giunse per Lei il sesto mese, ed ecco giunse Giuseppe dai cantieri ed entrò in casa e la trovò incinta. E si percosse il viso e si gettò a terra sul suo mantello e pianse amaramente dicendo: "con che faccia volgerò lo sguardo verso il Signore Iddio? Che cosa dirò per Lei? Poichè l'ho ricevuta vergine dal tempio del Signore Iddio e non l'ho custodita. Chi mi ha sorpreso? Chi ha compiuto questo male nella mia casa? Chi si è impadronito della Vergine mentre io ero lontano e l'ha profanata? Non è che ricomincia in me la storia (di Adamo)? Come infatti Adamo era in preghiera, il serpente venne e trovò sola Eva e la ingannò e la corruppe, così 'è avvenuto per me. E si alzò Giuseppe dal suo mantello e la chiamò e le disse: «Tu, la eletta di Dio, che cosa hai fatto? Hai abbandonato il Signore Dio tuo? Perchè hai abbassato la tua anima, tu che sei stata allevata nel santo dei Santi e che venivi nutrita dalla mano di un angelo?» E piangendo amaramente rispose «Sono pura e non conosco uomo». E Giuseppe disse: «da dove è questo che è nel tuo seno?». E quella disse: «Viva il Signore mio Dio perchè non conosco da dove è (quello che è) in me». E Giuseppe ebbe paura e si tenne lontano da lei chiedendosi che cosa fare di lei. E disse Giuseppe: «se nascondo, il suo peccato, disobbedirò gravemente alla Legge del Signore; e se la denuncerò ai figli di Israele, ho paura che quello che è in Lei sia concepito da un angelo, e tradirò così un sangue innocente al potere della morte. Che cosa farò di lei? La allontanerò da me segretamente». Καὶ κατέλαβεν αὐτὸννύξ». (proto-evangelo di Giacomo 13, 1-14, 1) (25).
Dunque Giuseppe è colto nel momento straziante dall'empio dubbio! Λαβὼν οὖν τὸ ψωμίον ἐκείνος (Ἰούδας) ἐξῆλθεν εὐθὺς˙ἦν δὲ νὺξ…(Gv. 13,30) (26). Si può stabilire un parallelo; in entrambi agisce il diavolo. Il diavolo avrebbe fatto a Giuseppe questo discorso: «come questo bastone non può produrre fronde, così un vecchio come te non può generare, e, d'altra parte, una vergine non può partorire» (27). A questo Cirillo di Ger.risponderebbe: «ma poichè Dio non è schiavo delle leggi che regolano la vegetazione delle piante (è il loroCreatore), una verga secca e scortecciata potè germogliare e produrre frutta (verga di Aronne). Colui dunque, che per il sommo sacerdote, tipo e figura, produsse frutta al di fuori di ogni legge naturale, non avrà dato ad una vergineil potere di generare un figlio, per il Sommo Unico Vero Sacerdote? » (Cat. XII).
Ricordiamo che il discorso riportato dalla tradizione non è altro che la difficoltà che ponevano gli Ebrei contro cui risponde Cirillo di Gerusalemme nella XII Catechesi sull'Incarnazione.
Dunque è stato posto vicino a Giuseppe questo personaggio come personificazione del dubbio blasfemo, affinchè tutti i fedeli si ricordassero sempre di ciò che la Chiesa insegnava in proposito.
In alcune Iconi questo personaggio è rappresentato con le corna e la coda ed è quindi la figurazione del dubbio stesso di Giuseppe (28).
Il più delle volte però, è rappresentato in veste di pastore. Tradizionalmente si dice che sia il diavolo in veste del pastore Thirso (26). Ma come ho mostrato, il Proto-evangelo di Giacomo, lo Pseudo-Matteo, i vari libri e vangeli dell'Infanzia non parlano nè di una scena del genere, nè del personaggio, nè del discorso, nè tantomeno del nome Thirso.Dal momento che i testi non ci aiutano formuliamo delle ipotesi. La prima come abbiamo detto, vedrebbe in esso la personificazione diuna difficoltà.
La seconda, che comprende anche il nome di Thirso è alquanto raffinata e molto verosimilmente potrebbe esser nata da un ambiente saturo di classicità. Secondo tale ipotesi il nome «Thirso», dato poi al pastore, non era altro che il bastone delle baccanti (θύρσος), se vogliamo, qui preso come simbolo del paganesimo che non fu capace di germogliare e quindi in stridente contrasto col tronco di Jesse da cui nasce l'albero della vita. Nell'iconografia greco-bizantina dove il personaggio Isaia è sempre assente, troviamo sempre vicino al gruppo di Giuseppe e del Demonio un arborescello che spunta da un tronco mozzo! «Veramente la cultura profana è sterile, perchè quando ha concepito, non porta a compimento il parto.
Quali sono i frutti derivanti dalle dottrine che la filosofia pagana ha concepito in gran numero e a prezzo di tante fatiche?
Anche se tali dottrine non sono sempre del tutto vane ed informi succede che abortiscono prima di giungere alla luce della conoscenza di Dio Potrebbero divenire creature virili, ma nascoste come sono nel grembo di una sterile saggezza, esse finiscono per morire» (San Gregorio Nisseno, Vita di Mose) (29).
CONCLUSIONE
Le ipotesi via via formulate possono inoltre essere avvalorate da quanto abbiamo detto all'inizio, e cioè che erano i Padri di una Chiesa che indicavano al pittore quasi ogni dettaglio in modo da ottenere una elaborazione simbolico-teologica che si traduceva in immagine.
Poi le Chiese che riuscirono ad influenzare le altre ebbero la caratteristica di essere per lo più centri di cultura, di raffinata cultura classica.
Ed infine, per chiudere questo nostro breve lavoro, diciamo che pur nella sua complessità simbolico teologica, l'icona della Natività è pur tuttavia semplice, di quella semplicità che ci avvia inconsapevolmente nel mistero, in un mistero di luce, ma soprattutto nel mistero della grandezza e misericordia e filantropia del Creatore dell'universo. L'icone come l’apolitikion della Festa sono scrigno aperto per colui che con gli occhi della fede vede la rivelazione del Signore. «Oggi nasce dalla Vergine Colui che vede tutto il creato. È avvolto da cenci come un mortale, Colui che è intangibile nella sostanza. Dio è posato in una grotta, Lui che fin da principio ha reso stabili i cieli. Beve latte dalle mammelle, Colui che nel deserto ha fatto piovere manna per il popolo». Invita i Magi, lo sposo della Chiesa. Riceve i loro doni il Figlio della Vergine. Ci prostriamo ad adorare la tua nascita, o Cristo. Mostraci anche la tua divina Rivelazione» (30).
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NOTE
[1]M. Chatzidakis - A. Grabar: La pittura bizantina. Mondadori pg. 11. L'icona della Natività di Cristo[1]M. Chatzidakis - A. Grabar: La pittura bizantina. Mondadori pg. 11. L'icona della Natività di Cristo
[2] Synopsis quattuor Evangeliorum, Kurt Aland, Stuttgart 1971. Pag. 12: «E trovò lì una grotta e ve la condusse».
[3] Materna confidenza.
[4] Comunemente essa non guarda il Bambino: si può tuttavia trovare volta verso il Bambino, volta verso le donne, e qualche rarissima volta seduta davanti alla grotta che offre un pannolino del Bambino ai Magi.
[5]Migne PG T. XLIV 332 D, cfr. Inno Akathistos ode VIII, II troparion.
[6]Cfr Is. 7,14; 11,1 S. Giov. DamascenoTheotokion Tono Varis (VII) Irmo: «Μετὰ τόκον σε Ἁγνή, καὶ πρὸ τοῦ τόκοῦ κα ὶἐν τόκῳ ἂχραντε ». Tuttavia le tre stelle possono significare anche la santificazione della Trinità, segno posto quindi a significare «Vergine Madre di Dio» e non « Vergine Madre di Cristo».
[7] Dall'ufficiatura la grotta è chiamata dono della terra all'Emmanuele, palazzo e paradiso, ma non è questo il senso che le si vuoi dare nell'icona. La prova che ci sembra sufficiente per dimostrare la nostra tesi, è esclusivamente pittorica. Se istituiamo un parallelo tra la nostra grotta e la voragine che sta sotto i piedi del Cristo dell'Anastasis, in ambedue abbiamo il nero cupo che non può esprimere che le tenebre del peccato.
[8] Cfr. Origine. Qui sarebbe molto più espressiva la traduzione che dà Origine, del verbo «Λάμβανω» «La luce risplende fra le tenebre, ma le tenebre non l'hanno vinto ». (Commentairesur S. Jean pag. 312-323 Surces Chrétiennes Tome I, Les Ed. du Cerf, Paris 1966).
[9] San Gregorio Nisseno, Vita di Mdsè, Migne PG T XLIV 333D 335A.
[10] Il senso della presenza degli animali qui potrebe anche essere un altro; cioè se si fa ricorso ad Abacuc 3,2 nella versione dei LXX abbiamo: «ἐν μέσῳ δύο ζῴων γνωσθήσῃ («lo riconoscerète in mezzo a due animali»). Quindi gli animali non esprimerebbero una condanna od un motivo di polemica, bensì un segno di riconoscimento dato. Tuttavia propendiamo per il primo senso, per dei motivi ben precisi: Luca, riportando le parole dell'angelo ai pastori, dice: «εὑρίσετε βρέφος ἐσπαργανωμένον καὶκείμενον ἐν φάτνῃ(» troverete un bambino avvolto in fasce e posto in una mangiatoia») (2.12-13). Perchè tace dell'altro segno di riconoscimento? L'Ufficiatura alla Grande Ora III parla di «ἐν φάτνῃ τῶν ἀλόγων» (Idiomelo Tono VIII). ed in altre occasioni con senso diverso e cioè di meraviglia e non come segno di riconoscimento. Nelle stesse Grandi Ore i versetti intercalari degli idiomoli sono due passi di Abacuc: «Signore ho conosciuto la tua fama e mi sono spaventato, Signore ho considerato la le tue opere e son restato muto » (3,1 2); « Dio viene da Temàn, e il Santo del monte ombreggiato dal bosco (3, 3); ed il nostro passo che è la seconda parte del vv. 2, viene ignorato!
[11]«E il Signore toglierà da Israele il capo e la coda, la palma ed il giunco, in un sol giorno» (Is. 9,13).
[12] Inno Akathistos della Vergine, decima stanza.
[13] E c'era una nube oscura che copriva la grotta.
[14] E pian piano la nube si levò dalla grotta, e apparve una grande luce nella grotta tale che gli occhi non la sopportavano.
[15]SynopsisQuattuorEvangeliorum, Kurt Aland, Stuttgart 1971 pag. 12; ogni qualvolta si citerà il Protoevangelo sarà ripreso da questa edizione critica.
[1]EvangilesApocryphes; par F. Ajniot, Libr. ArthèmeFajard Paris 1952 pagg. 82-83.
[16] S Gregorio Nisseno, La Vita di Mosè, Migne PG T. XLIV 37713.
[17] Questo termine farebbe un po' sorridere qualora non avesse qui un preciso significato; poichè certo è difficile dire se tutto ciò che è rappresentato in un'icone continui la sua azione o meno; qui diciamo che le pecorelle sono statiche.
[18] Ciò potrebbe sembrar contraddetto dall'icona stessa in quanto sembra essere piena di movimento Pero voglio ricordare che pur convergendo su un unico tema, l'icona e estremamente episodica, quindi spesso viene raffigurata una parte per il tutto
[19] Cfr. Evdokirnov, Teologia della Bellezza icona della Natività pag. 313 Ed Paolme Roma 1971 Questo personaggio e presente qualche volta nelle iconi slave
[20]«E guarisci la levatrice adesso».
[21] «Guarisci la levatrice».
[22] Mentre su Eva gravava la maledizione del Genesi «moltiplicherò assai le tue pene e le doglie della tua gravidanza; avrai i figli nel dolore » (3,16), la novella Eva invece partorisce senza pene e senza dolore e senza aiuto esterno. Cfr. KontakionProeortion di Natale Tono III, Severiano di Gabala, sulla Creazione del mondo, Orazione 6,10, PG 56,497 -498, Severo Antiocheno, HomiliaCathedr, 101, PG. 22,266-267; Giacomo di Sarug,Omelie mariologiche (tr. Cost. Vona) Omelia I, 373, 394. Lateranum Roma 1953.
[23]EvangilesApocryphes par AmiotLibraireArthèmeFajard Paris 1952, pagg. 82-83.
[24] « Il demonio non si permise di avvicinare l'uomo: intuì la sua fortezza S'accostò invece alla donna di cui iaveva intravisto la debolezza Essa era ancora Vergine percbè Adamo la conobbe solo dopo l'espulsione dal paradiso terrestre» (Cirillo Ger. Cat. XII). Cfr. S. G. Crisostomo. Omelia sulla Santa Pasqua 2, PG 52, 68 AnfilochioIconiense, Orazione sulla Natività del Cristo 1,4 PG 39, 40 - 41.
[25] «E scese su di lui la notte ».
[26] «Preso il pane quello (Giuda) uscì subito: era notte!». Vorrei far notare a scanso di equivoci che in questo punto il parallelo non è istituito tra Giuseppe e Giuda bensì riguardo la parola «νὺξ», avente lo stesso valore.
[27] Cfr. Evdokimov op. Cit. pag. 324. Leonida AuspenskjL'icone de la Nativitédu Christ, Paris 1951 pag. 8.
[28]Migne PG T XLIV 329 B.
Igor G. Passarelli
(Articolo tratto da Oriente Cristiano XIV (1974), 1, pp. 58-79)